Sì, lui mi maltratta. Ma non giudicatemi.

Non giudicate una donna maltrattata.

Non chiedetele “ma come fai a stare in quella relazione?”.

Non guardatela come se fosse matta o stupida.

Non ditele “io non rimarrei con lui un minuto di più, dopo quello che ti ha fatto”.

La questione è molto complessa e, se davvero volete aiutare una donna che subisce violenza, non giudicatela.

ACCOGLIETELA.

Una donna maltrattata è in una condizione psicologica e affettiva molto particolare, molto, molto fragile.

Nella maggior parte dei casi colui che la maltratta ha ferito, oltre che il suo corpo, soprattutto il suo spirito, la sua personalità:

la donna vittima di violenza ha un livello di autostima bassissimo;

molto probabilmente ha perso o diradato le altre relazioni affettive, con amici e famiglia d’origine;

non ha punti di riferimento, se non il partner che la maltratta;

è convinta che lui la ami, spesso lo definisce “comunque un buon padre”, anche se i figli assistono a tremende scene domestiche;

in molti casi lui l’ha costretta a lasciare il lavoro, privandola così della sua autonomia economica e di un altro pezzo di autostima;

oppure le “consente” di lavorare ma mantiene il completo controllo sull’economia familiare, addirittura impedendole di conoscere la situazione patrimoniale, i conti correnti ecc.

Senza contare le sofferenze delle botte e, spesso, dei rapporti sessuali non voluti.

Quindi, se una donna vi confida, o voi intuite, che è vittima di violenza domestica, prima di tutto accoglietela, fatela sentire ascoltata e compresa.

Manifestate con discrezione la vostra vicinanza e cercate di rispettare i suoi tempi, accompagnandola nel percorso di presa di coscienza che ha appena cominciato.

Ricordate infatti che la violenza domestica è infida anche perché quasi sempre sommersa, quindi se una donna lascia trapelare qualcosa della propria situazione, dovreste cercare di “agganciarla” e mantenere questo contatto, avendo la pazienza di starle vicino e sostenerla a lungo, prima che trovi la forza e il coraggio di reagire.

Tutto ciò, compatibilmente con il rischio che la donna (e i suoi eventuali figli) sta correndo.

Se avete fondato motivo di credere sussista un rischio serio per la sua (e dei figli) incolumità, allora il consiglio è di rivolgersi senza indugio alle forze dell’ordine: per legge, l’identità di chi segnala maltrattamenti domestici rimane anonima.

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